antica carta terra d'otranto

Storia

Dalla Preistoria ai giorni nostri

Il Salento era abitato già nel Paleolitico medio, periodo risalente a circa 80.000 anni fa. Nelle tante grotte dovute alla natura calcarea del territorio, sono stati rinvenuti utensili di selce. Probabilmente si trattava di ominidi appartenenti alla specie Uomo di Neanderthal, mentre quella dell'Homo Sapiens Sapiens si sarebbe diffusa nel Paleolitico superiore.

Alcune statue ossee rinvenute nella Grotta delle Veneri presso Parabita, dimostrano l'esistenza, già 20.000 anni fa, di culti riguardanti la fertilità. Delia, un'ominide di sesso femminile scoperto ad Ostuni conservava in grembo i resti di un feto in fase terminale, questo rinvenimento archeologico rappresenta quindi la più antica madre della storia di cui si conservino i resti. 

La presenza di uomini nel Salento durante il Paleolitico e il Neolitico è documentata anche da interessanti graffiti, pitture, utensili, resti umani ed animali, anch'essi rinvenuti nelle grotte della penisola presso Castro, Porto Badisco e Roca Vecchia, dove è stato rinvenuto un imponente sistema di fortificazioni risalente all'età del Bronzo.

La penisola salentina, dai greci anticamente chiamata Messapia, cioè "Terra fra due mari",, era abitata dai Messapi. Le città principali, erano sedici: Alytia (Alezio), Ozan (Ugento), Brention/Brentesion (Brindisi), Hyretum/Veretum (Vereto), Hodrum/Idruntum (Otranto), Kaìlia (Ceglie Messapica), Manduria, Soletum (Soleto), Neriton (Nardò), Orra (Oria), Cavallino (non si hanno notizie certe del nome antico), Muro Leccese, Rudiae (Lecce), Basta (Vaste), Thuria Sallentina (Roca Vecchia) e Egnazia.

La storia pre-romana del Salento è la storia della rivalità fra le popolazioni messapiche e tarantine, narrata anche da Erodoto. Le popolazioni messapiche difendevano infatti la propria autonomia dalle mire espansionistiche dell'antica città greca di Taras in seguito al trasferimento di alcuni coloni Spartani in questa zona per necessità di espansione o per questioni commerciali.

Nel V secolo a.C. Taras visse il periodo di maggiore floridezza che segnò l'apice dello sviluppo ed il riconoscimento di una superiorità politica sulle altre colonie dell'Italia meridionale. Risale a quel periodo l'occupazione dell'isola su cui sorgerà la futura Gallipoli: i Tarantini ne fecero uno scalo commerciale. La polis di Taranto ebbe rapporti alterni con i vicini Messapi, rapporti che spesso culminavano in veri e propri scontri, epocale quello del 473 a.C. come ci riferisce Erodoto:«fu questa la più grande strage di Greci e Reggini che noi conosciamo, che dei Reggini morirono 3000 soldati e dei Tarantini non si poté nemmeno contare il numero". L'avvenimento ebbe una forte eco in tutto il mondo greco tanto che Aristotele precisa che l'avvenimento: "accadde un po' dopo che i persiani invasero la Grecia».

Nel III secolo a. C.  Taranto, orgogliosa della sua origine greca, cercò di ostacolare le mire espansionistiche di Roma nell'Italia meridionale e strinse un’alleanza con Pirro. Gli scontri tra Epiroti e Romani  furono sempre durissimi e costosi in termini di vite umane. Con il ritiro epirota determinato dalla sconfitta di Maleventum, i Tarantini chiamarono allora una flotta cartaginese a sostegno, affinché li aiutasse a liberarsi del presidio lasciato da Pirro. Per tutta risposta la città fu consegnata al console romano e così Taranto cadde in potere dei Romani nel 272 a. c.. Diventato presidio romano, la città fu citata da numerosi autori classici come luogo di divertimento della gioventù romana.

Per tutte le città del Salento si preparava la conquista dei Romani i quali ben presto si accorsero della posizione strategica del Salento che, con il porto di Brindisi, rappresentava la via per la conquista dei Balcani e della Grecia. Con la conquista romana, avvenuta tra il 269 a.C. e il 267 a.C., Lecce latinizzò il suo nome in Lupiae, passando da statio militum (stazione militare) a municipium (comunità cittadina affiliata a Roma). La città conobbe un periodo di notevole magnificenza sotto la guida dell’Imperatore Marco Aurelio. Il nucleo cittadino si spostò poi di circa 3 km a nord-est e prese il nome di Licea o Litium. La nuova città fiorì in epoca adrianea e venne arricchita di un teatro e di un anfiteatro e collegata al Porto Adriano (l'attuale San Cataldo). Brindisi, intorno al 240 a.C., venne elevata al rango di municipio e ai brindisini fu riconosciuta la prestigiosa cittadinanza romana. La città adriatica divenne un porto trafficatissimo e caposcalo per l'Oriente e la Grecia, infatti molti romani illustri transitarono da Brindisi, diretti in Grecia. Cicerone scrisse le "Lettere Brindisine"; a Brindisi morì Virgilio, mentre tornava da un viaggio in Grecia.

Il Salento si latinizzò a tal punto da contribuire alla nascita della letteratura latina con figure di spicco. Tale processo fu lungo e laborioso, e seppur sotto l'egida di Roma, la Messapia e Taranto non persero comunque la loro importanza e la loro totale autonomia. Il dominio romano favorì la realizzazione di importanti infrastrutture e opere pubbliche, che comportarono una radicale trasformazione del paesaggio salentino e una completa ristrutturazione dei centri urbani. Fu costruita la Via Appia che terminava di fronte al porto di Brindisi: la fine della Regina Viarum era segnata da due imponenti colonne. Da Brindisi partiva anche la via Traiana, la quale passava da Egnazia, Bari, Ruvo e Canosas,   per poi ricollegarsi alla via Appia nei pressi di Benevento.

A partire dal Vi secolo Otranto cominciò a crescere di importanza e diventare il principale ponte con l'Oriente, sostituendosi a Brindisi che invece perdeva la sua centralità rispetto al periodo romano. Il Salento fu particolarmente colpito durante la guerra greco-gotica, voluta dall'Imperatore d'Oriente Giustiniano per riconquistare le terre occidentali un tempo appartenute a Roma, nel Salento e in Sicilia si affermò la dominazione bizantina.

Il Salento conobbe una difficile ripresa economica nel dopo-guerra, mentre i Bizantini con la loro lingua, costumi e religione avvicinarono questi territori alla cultura greco-orientale. Intanto i Longobardi,  conquistarono la Puglia e il Bruttium settentrionali con incursioni anche più a sud.

La penisola salentina divenne, quindi, una terra di confine fra Longobardi e Bizantini. Questi ultimi, intorno al VII secolo fondarono il Ducato di Calabria, aggregando la regione del Bruzio (l'attuale Calabria) alle terre che già possedevano nel Salento. Fu in questa occasione che il nome Calabria finì per designare l'odierna regione calabrese, mentre il Salento venne progressivamente conquistato dai Longobardi che finirono per prendere anche la capitale del ducato, Otranto.
Nel 757, periodo in cui Longobardi e Bizantini stipularono la pace e si spartirono il territorio, la città idruntina venne restituita all'Impero insieme alla parte meridionale del Salento, ma ormai la trasmigrazione del nome Calabria era compiuta.

I Bizantini favorirono l'immigrazione dei Greci, in particolare nel sud del Salento, per ripopolare una zona considerata strategica. Le tracce di quell'antica migrazione sopravvivono tutt'oggi nell'isola linguistica della Grecia salentina, dove si parla una lingua direttamente imparentata al greco. Nel VII secolo vi fu anche una migrazione di monaci basiliani dalla vicina Grecia nel Salento dove con la creazione prima di cappelle ipogee e poi di chiesette greco-ortodosse contribuirono allo sviluppo economico e sociale.

Tra il XI e il X secolo il Salento dovette sopportare gli assalti dei Saraceni, che riuscirono a stanziarsi a macchia di leopardo sul territorio per periodi più o meno lunghi, fieramente contrastati dai Bizantini. Spesso, però, gli stessi sovrani bizantini mettevano a capo di una data città un generale o un uomo di fiducia longobardo, ennesima riprova di una situazione non ben chiara.

Nel 927 i musulmani distrussero numerose città tra le quali Taranto, che fu ricostruita solo quarant'anni dopo. Nel 977 Oria fu devastata dai musulmani. Nonostante ciò il IX e il X secolo vanno ritenuti secoli di fioritura per il Salento, specie per le comunità ebraiche. 

In seguito alla conquista normanna furono fondati intorno al 1055 la Contea di Lecce, la contea di Nardò, la contea di Soleto e il Principato di Taranto. I Normanni attuarono numerose riforme politiche, organizzando un efficace stato feudale, e si occuparono della fortificazione del territorio attraverso la costruzione di motte, ossia terrapieni aventi sulla sommità una torre di avvistamento e difesa. Nel territorio di Supersano sono ancora oggi presenti i resti della cosiddetta motta di Specchia Torricella. 

Con l'estinzione della famiglia regnante normanna ed il matrimonio fra l'ultima discendente della famiglia Altavilla Costanza ed Enrico VI di Svevia vi fu il successivo avvento degli Svevi. Il Salento divenne un'importante area di caccia e gli Svevi si interessarono anche della ristrutturazione delle fortificazioni, con modalità differenti rispetto al resto della Puglia. Sin dalle prime Crociate, Brindisi divenne il principale imbarco verso l'Oriente per i numerosi cavalieri e pellegrini diretti in Terra Santa.

Nel 1266, l'ultimo sovrano di origine sveva Manfredi, morì combattendo nella battaglia di Benevento contro Carlo d'Angiò, signore di Provenza. Il nuovo sovrano, fondatore della dinastia angioina, era accompagnato da un nugolo di cavalieri provenzali che nel giro di pochi anni si sostituirono agli antichi feudatari normanno-svevi. Questi ultimi, non sopportando di essere privati dei loro feudi, invocarono l'aiuto del sovrano aragonese, imparentato con il defunto re Manfredi.

Comincia così un'interminabile contesa tra Angioini ed Aragonesi. Approfittando di ciò presero il sopravvento i baroni, piccoli sovrani assoluti di feudi più o meno vasti, che costruirono grandiosi e minacciosi castelli riducendo il popolo alla miseria.

Nel 1463 Lecce diviene centro tra i più im­portanti con uffici pubblici e giudiziari che avevano giurisdizione sulla Terra d'Otranto e su Matera. A seguito della congiura dei Baroni, nel 1486-1487, vengono eliminati tutti i grandi feudatari del Regno e le varie contee assegnate ad alleati degli Aragonesi con esclusione di Lecce, Brindisi, Otranto, TAranto e Gallipoli che dipendono direttamente dalla corona tramite un governatore

A partire dal XV secolo ebbero particolare fortuna le attività commerciali: Lecce in particolare ospitava tra le sue mura influenti comunità di mercanti veneziani, genovesi e ragusei. I Veneziani crearono a Lecce e nella contea una loro colonia ed una loro chiesa presso la piazza del Mercato,l'attuale Sant'Oronzo, dove esercitavano le loro industrie ed i loro commerci. Fin dal 1543, la colonia veneziana era così prospera che innalzò, sulla sua chiesa leccese, il leone di San Marco. I Veneziani costruirono anche i loro palazzi signorili; tra tutti, si ricorda "Il Sedile" (1592), sito attualmente in Piazza Sant'Oronzo.
Nel 1480, durante la dominazione Aragonese, Otranto fu assediata e invasa dai turchi guidati da Ahmet Pascià che provocò l'eccidio di 800 persone che rifiutarono la conversione all'Islam. Fu questo l'episodio più eclatante di una lunga serie di assalti turchi e corsari che si fecero particolarmente intensi nel XVI secolo.

Per difendersi da questi Carlo V ideò fece costruire una serie ininterrotta di torri costiere fortificate (quasi tutte ancora visibili oggi lungo la costa salentina da San Cataldo a Porto Cesareo), su cui montavano la guardia giorno e notte pattuglie di soldati che segnalavano visivamente (di giorno con bandiere colorate e di notte con fuochi) l'avvicinarsi di flottiglie turche. Lo stesso Carlo V fece costruire la città fortificata di Acaja ed il castello di Lecce. Nello stesso periodo si diede il via alla costruzione di moltissime strutture religiose. Iniziò così una fiorente attività artistica, che fece di Lecce uno dei centri più significativi del barocco. In epoca spagnola la città - elevata da Carlo V al rango di capoluogo dell'intera Puglia - si trasformò in un vero e proprio cantiere a cielo aperto, per le tante opere civili e religiose che i privati, il clero e le congregazioni ecclesiastiche permisero di erigere, in un crescendo di opere sempre più belle ed importanti.

Agli inizi del XVII secolo, la situazione economica di Taranto si aggravò inesorabilmente: la città ionica non costituì più una base militare importante, e le stagnanti attività della pesca e della mitilocltura, nonché l'attività agricola, determinarono una grave crisi economica che culminò nell'insurrezione popolare del 1647. Re Filippo IV pretese l'arruolamento dei giovani di circa 18 anni. Scoppiò allora anche a Taranto una rivolta popolare guidata da Giandonato Altamura, sedata grazie all'intervento del Duca di Martina Franca. Anche Lecce e Nardò insorsero con l'aiuto di nobili filoangioini ma la rivolta fu soffocata nel sangue con l'intervento militare del Conte di Conversano e Duca di Nardò che, approfittando dell'occasione, fece eliminare molti avversari politici e numerosi sacerdoti.

Dalla seconda metà del secolo, la Spagna cominciò ad interessarsi maggiormente alle sue colonie dell'America Centro-meridionale dalle quali ricavava oro e argento, tralasciando invece quelle del Mediterraneo. Per rimpinguare le casse dello stato spagnolo furono messi in vendita (al maggior offerente) i titoli nobiliari di barone e marchese, che non appetibili dai veri nobili, furono acquistati da facoltosi proprietari terrieri o ricchi borghesi. Così ogni piccolo comune del salento ebbe il suo barone o marchese con relativo palazzo baronale. Così i Gallone si fregiarono del titolo di Principi di Tricase, ottenuto a Madrid il 24 marzo del 1651 da Filippo IV di Spagna.

Una tremenda epidemia di peste funestò il Regno di Napoli nel 1656. Le vittime furono migliaia ovunque, ma la provincia di Terra d'Otranto fu miracolosamente risparmiata. La popolazione attribuì lo scampato pericolo all'intercessione di Sant'Oronzo che fu poi per questo proclamato patrono di Lecce e della provincia. In quell'occasione la città di Brindisi donò a Lecce una delle due colonne romane che contrassegnavano la fine della via Appia, affinché su di essa venisse posta la statua di sant'Oronzo, nell'omonima piazza leccese.

La dominazione borbonica iniziò nel 1734 con il re Carlo III che passò presto al trono di Spagna e successivamente con Ferdinando IV. Si ebbe un periodo di crescita economica attraverso la costruzione di nuove strade e lo sviluppo dei porti.

Il rilancio dell'economia avvenne principalmente durante il periodo napoleonico 1806-1815, grazie ad importanti provvedimenti come l'abolizione del feudalesimo, la ristrutturazione dei latifondi e una più adeguata distribuzione delle terre pubbliche. L'abolizione della feudalità non significò la fine della nobiltà, che continuò a spadroneggiare per buona parte del secolo XIX, anche dopo la spedizione dei Mille e l'Unità d'Italia.

Con la Restaurazione e il ritorno dei Borboni, prese piede il fenomeno del bigantaggio. Inoltre, anche il Salento fu interessato dal diffondersi delle idee risorgimentali che si tradussero nella costituzione di diverse società segrete come la Carboneria. In questo periodo, da un punto di vista economico, l'alto Salento conobbe un notevole sviluppo agricolo, nel basso Salento predominò l’oliveto e nella parte centro-meridionale i cereali. L'agricoltura comunque, presentava rese più basse rispetto alla media pugliese. Nel nord della Terra d'Otranto la popolazione cominciò a conoscere una ripresa numerica e i centri più importanti (Taranto e Brindisi) cominciarono ad espandersi per motivi militari ed amministrativi. Ma il Salento non riusciva ancora a riscattarsi dalla marginalizzazione e, nonostante la crisi della feudalità, restavano importanti inerzie baronali.

Quando nel 1860 il re Francesco II delle Sue Sicilie cadde sotto l'impeto garibaldino, il Salento fu annesso al Regno d'Italia e con la legge del 20 marzo 1865 ottenne autonomia amministrativa con la creazione della Provincia di Lecce che ricalcava i confini dell'antica Terra d'Otranto. Con l'apertura del Canale di Suez nel 1869, Brindisi divenne il terminale europeo della Valigia delle Indie, sviluppando commerci fiorenti.

Le condizioni di vita della popolazione salentina erano quelle di chi era vissuto per secoli in uno stato di servitù feudale o sotto una dominazione straniera.

Una ristretta cerchia di nobili sempre più impoverita e oberata da debiti e liti giudiziarie interminabili, costretta a vendere terre, palazzi e persino mobili, quadri e posate per poter sopravvivere.

Vi era un elevato numero di religiosi (sacerdoti, monaci, suore) che occupavano i numerosi conventi (almeno uno in ogni paese) e di cui curavano le relative vendite. Era questa una strada obbligata per molti giovani che volvevano sfuggire una vita di stenti.

I braccianti costituivano la maggior parte della popolazione attiva e lavoravano dall'alba al tramonto solo nei mesi estivi ed autunnali. Per raggiungere il posto di lavoro spesso dovevano percorrere a piedi lunghi tratti di strada ed usavano delle zappe con manici corti che deformavano la spina dorsale. Si nutrivano con un pezzo di pane d'orzo ed un piatto di legumi la sera.

L'agricoltura che veniva praticata era essenzialmente estensiva e di sussistenza, i braccianti vivevano in stato di servitù, spesso senza possedere neanche un pezzo di terra da coltivare per il proprio sostentamento. Questo fragile equilibrio veniva facilmente spezzato da avvenimenti imprevisti come siccità, invasioni barbariche o calamità naturali, provocavando nella popolazione immani sofferenze.

I bambini venivano avviati presto al lavoro, non vi erano scuole pubbliche e quelle esistenti erano gestite da sacerdoti o monaci ed erano riservate ai figli delle famiglie abbienti. La mortalità infantile era spaventosa. L'artigianato era prospero (falegnami, fabbri, vasai, calzolai, sarti) ed i prodotti erano esposti nelle fiere e nei mercati settimanali di paese. Numerosi ed eccellenti gli scalpellini che lavoravano la pietra leccese lasciando il loro anonimo contributo sulle facciate delle chiese e dei palazzi signorili. L'analfabetismo superava nel Salento il 90%.

I professionisti  erano molto pochi ed appartenevano alle famiglie nobili o di grossi proprietari terrieri.

Con il Governo Giolitti fu realizzato il mastodontico  acquedotto pugliese, il più grande acquedotto d'Europa, che permise all'intera Puglia di rimediare allo storico problema della penuria di acqua. I lavori iniziarono nel 1906, dopo che alcuni deputati pugliesi ebbero ottenuto la creazione di una commissione di studio, cui seguirono il finanziamento e l'affidamento dei lavori in concessione, mediante una gara internazionale. La realizzazione dell'opera fu possibile grazie all'utilizzo di ingenti mezzi finanziari (125 milioni di lire dell'epoca) e di materiali, nonostante non mancasse chi pronosticasse l'irrealizzabilità della stessa. Venne inaugurata nel 1914, ma fu effettivamente completato solo nel 1939.

Durante la Grande Guerra Brindisi contribuì in modo significativo all'evolversi degli eventi bellici, grazie all'ampiezza ed alla sicurezza del suo porto. Le industrie meccaniche presenti sul territorio, insieme all'Arsenale Militare Marittimo di Taranto lavorarono a ritmi frenetici.
Il primo dopoguerra fu caratterizzato da aspre lotte sociali fra proprietari terrieri e contadini. In diversi paesi del Salento ci furono scioperi, occupazioni di terre e agitazioni, per sedare le quali le forze dell'ordine ricorsero spesso alle armi. L'episodio più eclatante, noto come "l'eccidio di Parabita", si verificò il 21 giugno 1920 a Parabita, dove diversi manifestanti rimasero uccisi in seguito agli scontri con i Carabinieri.

Con l’avvento del fascismo, furono istituite le due nuove province, la provincia di Taranto e quella di Brindisi, ma l'egemonia amministrativa e culturale di Lecce continuò però a esercitarsi grazie alla presenza in città dell'unica sede del Tribunale e dell'unica Università del territorio. Durante il ventennio, nonostante il rovinoso epilogo del regime, nel Salento furono realizzati insediamenti rurali per migliorare la resa della terra, vennero risanate zone malariche e paludose sia sul litorale ionico (Bonifica della Terra d'Arneo) sia su quello adriatico, furono costruite scuole, formati gli insegnanti, realizzati alcuni palazzi istituzionali ed altre importanti infrastrutture.

Nel corso della seconda guerra mondiale, il porto di Taranto fu teatro della tristemente nota "notte di Taranto". Dopo la destituzione di Mussolini e l'armistizio, la famiglia reale e il governo Badoglio si trasferirono a Brindisi, che quindi divenne capitale del Regno d'Italia a partire dal 10 settembre 1943 fino all'11 febbraio 1944.

Le drammatiche condizioni economiche del secondo dopoguerra provocarono sia una ripresa delle lotte del movimento contadino (che con la riforma agraria degli anni cinquanta riuscì a ottenere la distribuzione ai braccianti del latifondo di Arneo), sia una massiccia emigrazione verso le città industriali del Nord Italia.

Nei primi anni sessanta il Salento si dotò di importanti impianti industriali. A Brindisi fu realizzata una grande industria pertrolchimica che andava ad aggiungersi alle imprese meccaniche e aeronavali, garantendo opportunità di lavoro a tecnici e operai provenienti dal territorio e dalle province e regioni limitrofe. A Taranto nel 1965 venne inaugurato il "IV Centro Siderurgico Italsider", uno dei maggiori complessi industriali per la lavorazione dell'acciaio in Europa.

Attualmente il territorio del Salento conosce un processo di terziarizzazione dell'economia e punta sullo sviluppo e la commercializzazione di prodotti locali di qualità, nonché sull'uso delle peculiarità del territorio in funzione del turismo, grazie anche al rinnovato interesse per le caratteristiche culturali ed enogastronomiche insieme alle bellezze paesaggistiche e balneari.